Paolo Bonolis si racconta tra nuovi format, #avantiunaltro, #CiaoDarwin e altro: le sue parole

Paolo Bonolis è tra i conduttori più bravi e più amati della televisione italiana, in onda per diversi mesi con Avanti un altro in preserale e da domenica scorsa anche in prima serata, con appuntamenti speciali ricchi di ospiti e divertimento. Oltre a Ciao Darwin che, sia inedito sia in replica, regala sempre grandi ascolti a Canale5. Il conduttore si è raccontato in un’intervista molto interessante, rilasciata a Tiscali News. Eccone un estratto:

“Ci siamo riaffacciati al balcone con “Avanti un altro! Pure di sera” che è un preserale riadattato e a sua volta un varietà camuffato da preserale. Il tutto con la fionda dell’allegria, del disincanto, della leggerezza: in un periodo come questo credo ce ne sia particolarmente bisogno. È quasi normale che possa funzionare perché più che un piacere è una necessità stare bene”

“Ora ci saranno nove puntate e probabilmente ce ne saranno altre 5 o 6 dopo l’estate. Però poi mi auguro che se debba esserci una prima serata ci sia una vera prima serata più che un preserale addobbato perché è un po’ faticoso farlo. Anche se il divertimento che ne scaturisce lenisce tutte le fatiche e ti fa stare bene”

“Ci sono delle cose che sono andate in prima serata e che sono andate tremendamente bene. Erano figlie della volontà di scrivere dei format nuovi. Abbiamo fatto “Chi ha incastrato Peter Pan”, “Ciao Darwin”… ma anche lo stesso “Senso della vita” quando è andato in prime time. E pure “Scherzi a parte”. Però mi piace l’idea di immaginare qualcosa di nuovo e di non rifare sempre le stesse cose. Se questo qualcosa di nuovo verrà accettato dall’azienda, potrebbe essere la circostanza nella quale si torna in prima serata. Però, insomma, l’importante è che quello che fai sia un buon prodotto. Che sia divulgazione, informazione o disimpegno. Poi che lo collochi nel preserale o in prima serata poco cambia”

Lavorare su altre piattaforme? “Potrebbe interessarmi. Dipende da cosa si propone, che cosa si vuole fare. Non ho mai lavorato su una piattaforma differente da quelle della tv generalista. L’unico colloquio che ebbi fu con Discovery: si trattava di andare a Tokyo per fare dei servizi durante le Olimpiadi. Poi però sono saltate per via del Covid”

“Non mi sono mai vergognato di fare un prodotto come “Ciao Darwin” anche perché l’ho scritto, l’ho anche venduto e ha strafunzionato non solo quando è andato in onda ma anche quando lo hanno replicato. Non mi sono mai pentito di averlo fatto e anzi mi sono molto divertito. Soprattutto nel leggere quelli che lo criticavano perché nel loro modo di vedere che rispetto profondamente non hanno capito una mazza. Ma non credo che si possa tornare ora a fare “Ciao Darwin” sinceramente per usura del prodotto, che meriterebbe un lasso di tempo per rasserenarsi e lasciare anche una scia di disponibilità emotiva da parte nostra per tornare a farlo. È un prodotto piuttosto incombente e un conto è farlo a 35-38 anni, un conto farlo a 60. È veramente una mazzata. Però è molto divertente. Anzi, credo che sia l’unico vero varietà perché è un fil rouge di due ore e 40 nel quale si schiudono 7/8 capitoli differenti. È scritto con capacità, poi magari non è sempre realizzato benissimo da parte mia. Ma si può dire che sia stato una specie di astronave madre. Da “Ciao Darwin” sono usciti spin off ovunque”

Sanremo capitolo chiuso? “I capitoli chiusi non esistono. Esistono capitoli già letti e capitoli che si possono scrivere meglio”

Tv in difficoltà? “Non credo che siano stati fatti degli errori. Piuttosto dei tentativi, che come tali possono andare meno bene rispetto alle aspettative. Diciamo piuttosto che viviamo in un’epoca di aspettative esagerate. Ogni cosa o è un trionfo o è una sconfitta totale. L’errore non è nel prodotto ma nell’aspettativa. Le piattaforme digitali nel frattempo si sono riempite di pubblicità. Quindi è il mercato che comanda piuttosto che le idee. In quanto alle piattaforme, si avvicinano alle nuove generazioni perché hanno un formato breve. Lo stesso “Lol” ha una comicità da Tik Tok. La battuta secca, il pernacchio, la cosa immediata e si chiude lì. Questo perché le nuove generazioni hanno difficoltà ad assecondare il racconto”